mercoledì 19 giugno 2013

Parlo un po' di me



Del triciclo. Non sono stato un bambino calmo. Uno dei miei primi ricordi risale a quando avevo circa due o tre anni. I miei mi regalarono un triciclo e giocando, non so come, riuscii a conficcarmi il freno in gola. 
L: - In gola? E come hai fatto?
A: - Sì, tra l’orecchio e la bocca, sotto la mandibola.
T: - Ti è uscito il sangue?
A: - Eh sì, me la son vista brutta. Mi hanno portato in ospedale. Io non ricordo nulla, mia madre si è spaventata tantissimo.
L: - Ti è rimasto il segno?
A - No, non ho la cicatrice, ma in quel punto la barba non cresce come dovrebbe.
M: - Non è mica semplice conficcarsi un freno in gola…
A: - Avolte succedono cose che sembrano impossibili, il modo in cui si cade… vai a sapere.
L: - Eh ma mamma una volta non era mica come adesso che tutte le cose son di plastica… Chissà com’era questo triciclo, tutto in ferro, magari appuntito e non arrotondati come erano i nostri. Ci vorrebbe una foto di Angelo su questo triciclo da mettere dentro il blog.
A: - Purtroppo non ce l’ho. Allora le fotografie erano un lusso e da noi in famiglia non c’era ancora questa usanza. Forse le mie prime foto risalgono al periodo in Svizzera. Proverò a domandare a mio fratello quando rientrerà dalla trasferta.
L’albero di fico. Prima che cominciassi la scuola elementare, durante le vacanze estive, i miei genitori avevano preso in affitto un terreno, con annessa una casettina composta da due stanze da letto e da un garage dove si faceva tutto: dalla pasta alla lavorazione del tabacco. Le foglie si infilavano con un ago allo spago, poi le si portava fuori sui cavalletti ad essiccare al sole. In questa attività partecipavamo anche noi bambini e ci divertivamo perché spesso ci si divideva anche il lavoro e alcuni di noi andavano con i più grandi ad occuparsi della piantagione, in particolare nel lavoro della raccolta delle foglie. Quando faceva troppo caldo e non si riusciva più a stare sotto il sole ci si riparava dentro nel garage a infilar le foglie. Le foglie si abbracciavano una sopra l’altra e venivano riposte su dei teli che noi bambini provvedevamo a trasportare dalla piantagione al garage. Questa attività stagionale che partiva da febbraio fino a che non si seccava tutto il tabacco, diciamo fino a luglio inoltrato, ma a volte anche ad agosto, era servita quell’anno per racimolare i soldi necessari all’ampliamento della casa familiare. Era usanza abbastanza comune che appena si possedevano un po’ di soldi ci si dava da fare con i lavori che servivano per migliorare le proprietà, nel nostro caso abbisognavamo di più stanze perché la famiglia era numerosa. Mio padre rientrava dal lavoro delle cozze e ci raggiungeva in campagna dove stavamo noi bambini con mia madre e alcuni parenti che ci davano una mano. Con le persone che avevano preso il terreno a fianco al nostro ci si aiutava a vicenda e la sera ci si riuniva a chiacchierare all’aperto. In campagna si stava anche seduti per terra e noi bambini ci sentivamo liberi. Ricordo che il giorno prima di tornarcene in paese mentre giocavo su di un albero di fico si è rotto il ramo e io son caduto rompendomi il polso destro, cosi furono costretti ad anticipare il rientro.
L: - Ti hanno messo il gesso?
A: - 40 giorni di gesso! Ora ti mettono due viti e via. Invece allora…
M: - Ti è andata ancora bene che non ti sei rotto l’osso del collo! Visto che già ti eri fatto male con il triciclo.
Il cellulare di Angelo suona. È la madre anziana che lo cerca per sapere come sta e per avvisarlo che venerdì mattina rientra il fratello dalla Liguria.
M: - Quanti anni ha tua mamma?
A: - Ha 84 anni se non sbaglio. È del 29.
M: - Carina che ti ha telefonato. Si vede che le fischiavano le orecchie!
A: - Non sta tanto bene, si deve operare per un’ernia. E poi non vuol fare la protesi. Ha lavorato veramente tanto per stare dietro alla famiglia e a noi cinque figli. Pensa che i miei con il solo lavoro di mio padre si son fatti su una casa di oltre duecento metri quadri, su due piani. L’abbiamo costruita tutta noi da soli quella casa.
Dopo gli anni ottanta non è stato più possibile metter su casa come si faceva allora, perché adesso vogliono la casa costruita entro tre anni. Tu prima avevi la possibilità di costruire un po’ alla volta. Invece ora ogni volta che chiedi un permesso sono più le tasse che tutto il resto.
M: - Non è come sembra, in realtà i tempi son diventati molto più duri. Pirandello ha sempre ragione.




 

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