Mi
consigliarono di inoltrare ricorso al TAR indicandomi l’avv. F.M., il quale per
scrivere una lettera mi chiese 300 mila lire come anticipo. Pago e aspetto,
tanto ormai ci ho fatto i muscoli.
In
seguito all’intervento dei Vigili Urbani, i quali si erano presentati presso il mio
cantiere per impedirmi di continuare a lavorare, mi pervenne la notifica della
procura in cui venivo a conoscenza che mi sarei dovuto presentare per il
processo. L’avv. F.M. non ne era al corrente quindi compresi che non aveva
fatto nulla, nonostante si fosse intascato già la prima retta “per cominciare”,
perché gli addetti ai lavori dicono sempre così: “per cominciare ci vogliono
xxx lire” e l’avvocato della scalinata era uno che sapeva fare il suo lavoro.
Cercando
di capire come funziona l’ambiente forense contattai un secondo avvocato, mio
vecchio compagno di collegio, tale A.I., divenuto nel frattempo civilista. Fu
lui ad assistermi nel processo, o meglio fu lui che sbrogliò la causa in quanto
mi disse che in aula non era necessaria la mia presenza. E così rimandai più in
là il momento in cui mi sarei ritrovato davanti alle toghe. Sarei entrato per
la prima volta in Tribunale nel 2001, per chiedere al giudice di portare
davanti al Tribunale europeo la mia causa, quella relativa agli allagamenti.
Per
quella che loro ritenevano essere una costruzione abusiva fui condannato a
pagare 27 mila lire di spese processuali, con 5 giorni di condizionale che non sconterò
in quanto avevo la fedina penale pulita. Considerato che nel 1985 incassavo
circa trentamila lire per una giornata di lavoro come muratore, al primo
avvocato regalai dieci giorno di lavoro. C’era qualcosa sotto che non mi quadrava.
Io volevo fare ricorso ma il secondo avvocato mi disse di non peggiorare le
cose, di lasciar passare del tempo che tutto si sarebbe sistemato. Io volevo
denunciare i vigili ma lui mi bloccò: «Facciamo le cose con calma che ce la
caveremo». Il ricorso poi lo fece ma ancora senza la mia presenza in aula. Non
digerii la sua presa di posizione ma, quando seppi il 24-6-86 che fui assolto
per non aver commesso il reato, mi tranquillizzai e lasciai perdere tutto.
Ovviamente non ottenni alcun rimborso, né per la multa pagata, né per l’avvocato
che fui costretto a prendere a mie spese.
Nel
frattempo non potevo più costruire sul mio terreno, perché era cambiato di
nuovo il piano regolatore. Avevo capito che mi trovavo in mezzo ad un braccio di
ferro in cui io con il mio fazzolettino di terra pur non contando nulla davo
fastidio. Con l’acquisto del successivo terreno in contrada Calderone pensavo
di aver risolto i miei problemi, invece ero solo all’inizio e anche qui come
sempre valse la regola del «non c’è il due senza il tre». La premonizione del
sogno era sempre più vicina.
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