martedì 30 luglio 2013

Rivolta dei cittadini

Trascorsi soli 10 mesi dal mio esposto alla Procura tutta la città di Mesagne si ritrovò immersa nell’acqua. Era il 26-12-2003. Anche questa volta il comune ci lasciava soli. Su mia richiesta i vigili del fuoco provvidero a svuotarci lo scantinato e la cisterna.
Fu questo il peggiore di tutti gli allagamenti da me subiti: arrivò a lambire 15 centimetri dentro casa, e fu solo grazie alle mie pompe che non salì oltre. Avevo sigillato le porte e messo la pompa in casa, la quale rigettava l’acqua attraverso la finestra. Sul piano stradale l’acqua era salita di circa un metro. Era una cosa spaventosa. Un amico mi aiutò a fare dei buchi lungo il muro di recinzione per aiutare il deflusso e far sì che l’acqua non entrasse in casa. Nessuno si degnò di venire a vedere come eravamo messi. A nulla valse il sollecito del mio dottore che era anche mio vicino di casa. Lui fu soccorso. Noi no.
Dopo pochi giorni mia moglie cominciò a sentire dei rumori strani nei muri e per tranquillizzarla mi decisi a chiamare i tecnici del comune. Mi fecero puntellare il solaio del piano terra e se ne infischiarono del Pugliese che con i suoi nuovi lavori alla strada stava ulteriormente peggiorando la situazione. Dopo essermi recato all’Ufficio Tecnico per ribadire del nuovo pericolo, oltre a non ricevere alcun riscontro da parte loro, ricevetti l’ordinanza di sgombero! Dovevo lasciare casa mia e sarei potuto rientrarci solo dopo averla rimessa a posto, poiché era stata ritenuta pericolosa. Del nuovo allagamento avevo già a suo tempo ritenuto responsabile anche il De Luca con il suo muro, ma a nulla valse.
Mi rivolsi alla Procura della Repubblica di Brindisi con l’ordinanza del comune e gliela buttai sul tavolo: ero incavolato al massimo. Lessero tutta la documentazione e si dichiarano dispiaciuti dell’accaduto. Illecitamente mi fu indicato di rivolgermi al TAR di Lecce in quanto l’ordinanza era corretta visti i danni, ma nulla fecero per tutelarmi. Prevalse sempre la totale indifferenza verso chi subiva: tutto per proteggere le amministrazioni oltre che loro stessi.
Al rientro mi fermai dal mio legale ma non lo trovai. Mi telefonò nel pomeriggio. Lo informai che ero stato in Procura. In quattro e quattr’otto prese un appuntamento con il sindaco per cercare di mettere a posto la situazione. Il giorno seguente ci incontrammo in Comune e il Sindaco mi offrì la cifra irrisoria di mille euro, arrivando poi a millecinquecento. Non mi ero mai sentito così umiliato in vita mia: della cifra che doveva venirmi corrisposta in rate non vidi mai neppure un euro. E i danni da me subiti furono stimati in non meno di sessantamila euro. L’ingegnere confermerà al sindaco questa cifra e ancora una volta venni rigirato alla ormai nota Bellipario, la quale il giorno dopo mi scaricherà all’assistente sociale, Francesca, la stessa che scaricò i miei figli da mio zio e mia moglie nel centro immigrati.
In quell’occasione si apriva una struttura per me, ma non per mia moglie, fuori dal paese, ma solo per una settimana. Si trattava di un albergo per i pellegrini e non fui neanche messo in condizione di riuscire a contattare il sacerdote che lo custodiva. L’assistente sociale mi fece compilare la richiesta per il sostegno economico in quanto avevo perso tutto. Aspetto, aspetto e aspetto ma nulla si muove. Sentendomi preso in giro, nel 2010 chiederò che fine ha fatto la mia domanda. Come tutta risposta mi sentii dire: «Se tu ne avessi avuto diritto te li avremmo dati»! Me ne andai via di lì disgustato oltre che rammaricato.

Nel frattempo la famiglia si divise: mia moglie andò ad abitare con la madre, mio figlio dal fratello a Udine e io rimasi in casa nonostante l’ordinanza di sgombero, per fare pulizia e recuperare quanto possibile.
Nei giorni successivi mi vedi arrivare un’auto del Comune con due persone a bordo: uno si qualificò come geometra del Comune, era lo stesso che si presentò con l’Assessore nei giorni seguenti all’allagamento.
Mi accusò che la colpa era mia, che l’acqua veniva da sottoterra perché saliva la falda, che la casa era costruita sul canale e infine mi invitò ad andarmene altrimenti mi avrebbe fatto sequestrare la casa e di finirla con le denunce. Lo pregai di uscire altrimenti gli avrei messo le mani addosso. L’altro era l’autista. Se la svignarono e non si fecero più vedere. Con mia moglie arrivammo alla triste decisione che si dovevano vendere i mobili salvati dall’acqua per poter in parte tirare avanti, trasferirci a Udine e ricongiungerci con i nostri figli.
Io e altri cittadini vittime di allagamenti ci riunimmo in Comune di Mesagne per dire la nostra al Sindaco e chiedere perché si era arrivati a quel punto. Ognuno di noi ebbe modo di esprimersi. Io mi rivolsi al Sindaco senza alcuna paura: «È grazie alle persone che vi stanno dietro e vi proteggono che ve la scampate sempre. Questa è mafia: sono 16 allagamenti che subisco e nessuno mi ha aiutato, lei compreso che per ben due volte son venuto a chiedere aiuto e mi avete scaricato all’assistente sociale e questo succederà anche alla gente qua riunita». Alla fine abbiamo sotto firmato un documento con il quale ci costituimmo in Comitato, dando l’incarico all’avvocato Rosato del Foro di Brindisi, il quale avrebbe poi proposto altri avvocati per portare avanti un’unica causa. Girai al comitato tutti i documenti e il video in mio possesso, per permettere ai tecnici dell’università di Bari invitati dal Comune di fare il loro lavoro: ricercare le cause e le soluzioni. Durante un incontro con i tecnici nel castello vennero evidenziate parecchie infrazioni, tra cui muretti abusivi, deviazioni e manomissioni di canali con tubi sottodimensionati, oltre a canneti che ostacolavano il passaggio dell’acqua. Per sistemare e bonificare il territorio ci volevano moltissimi milioni. Ci incontrammo con gli altri avvocati nella chiesa di San Pio. Francesco Morgese ci illustrò quello che potevamo fare in base all’entità dei danni che avevamo subito. Chi aveva subito danni per una somma inferiore a 5000 € poteva rivolgersi al giudice di pace; per quelli che avevano ricevuto danni superiori di tenere conto che per andare avanti ne servivano altrettanti solo per cominciare! E così io dovevo tirare fuori 70.000 euro solo per imbastire un fascicolo? Compresi che quel processo non avevano alcun interesse a portarlo avanti e cambiai strada.
Presi il treno per Milano deciso a portare la mia storia in televisione. Quelli di Mediaset non si degnarono nemmeno di vedere i documenti. Allora chiesi di parlare con Fede ma ci voleva un appuntamento e mi consigliarono di mandare i documenti via posta. Così feci ma nessuno mi contattò. Ritornai a casa sempre più deluso sia dalle istituzioni che dai media. 
 



1 commento:

  1. Ciao Angelo,spero che vada meglio...condivido la tua storia nel gruppo il mobbing cos'e'.un abbraccio spero di conoscerti presto di persona caro amico ciao a presto.Mi piace il tuo blog ,penso che ne dovro' fare uno anchio,ma ancora non sono capace ci ho provato ma lo incasino sempre ,ma ci riusciro'. A me giorno 29 ho udienza davanti al giudice per discutere la mia causa di mobbing

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