Il 29-O3-2001 è la data della
nuova udienza La sera prima andai dall’avvocato per parlare e venni a sapere
che anche il terzo CTU nominato dal Giudice non accettò l’incarico, come i suoi
predecessori, trovando anche lui una scusa. Avevamo capito tutti
che erano intimiditi. Me ne andai via arrabbiato e la notte non presi sonno,
rimanendo a pensare ad una eventuale soluzione. Così il giorno dopo, per la
prima volta dopo anni entrai in aula. Nelle udienze precedenti l’avvocato ci
lasciava attendere all’ingresso, in quanto mia moglie aveva problemi di salute
al piede. Tuttavia non mi era mai stato reso noto che le udienze si svolgevano
al piano superiore. Lo seppi solo in occasione dell’interrogatorio dei
testimoni.
Quel giorno doveva essere ascoltato un altro testimone. Quando lo chiamarono io lo fermai e mi avvicinai al giudice, mentre l’avvocato cercava di trattenermi e intimorirmi dicendomi che non potevo fare una cosa del genere. Mi scrollai le sue mani di dosso e giunsi davanti al giudice. Mi scusai per il mio comportamento e chiesi direttamente al giudice perché non venivano presi accorgimenti per non far più allagare la mia casa, nonostante avessi più volte sollecitato l’avvocato ad intervenire in merito. Mi permisi di far presente che visti i continui dinieghi mi sarei rivolto al tribunale dei diritti dell'uomo. Il giudice mi rispose: «Il suo avvocato sa che ci sono altri sistemi».
- Cosa intendeva dire?
- Gli avvocati sanno come fare delle richieste particolari per far sì che i giudici intervengano con urgenza. Queste cose le sanno gli avvocati e se non si adoperano per far valere i nostri diritti la colpa non è del giudice.
Il giudice chiamò l’avvocato e si fece sottoscrivere che io avevo reso una dichiarazione spontanea e che lui non era a conoscenza degli altri allagamenti, per tutelarsi. L’avvocato cambiò colori e su di lui si vedeva la bandiera! Era furente per la figura che gli avevo fatto fare. Idem l’avvocato del consorzio. Non si aspettavano quella mia uscita estemporanea e si misero tutti a telefonare. Il giudice rinviò l’udienza. Con grande meraviglia rimasi scioccato perché costui non degnò nemmeno di prendere i miei documenti che dimostravano la verità degli allagamenti ricevuti. Si giustificò dicendo che dalle mie mani non li poteva accettare. E non solo, non aprì neanche un inchiesta per cercare di capire cosa stava succedendo. La sera stessa mi presentai nello studio dell’avvocato per dirgliene quattro, perché non aveva preso provvedimenti come disse il giudice. Lui di nuovo mi sgridò che non dovevo agire in quel modo e dopo quattro giorni mi arrivò la sua raccomandata di destituzione dell’incarico.
Mi presentai in udienza l’8-5-2001 e riferii al Giudice che il mio avvocato aveva lasciato l’incarico e che non avevo soldi ma solo debiti in seguito allagamenti subiti, di cui l'ultimo solo pochi mesi prima: 17-11-2000. Il giudice concluse di ripresentarmi con un nuovo avvocato. Ma trascorso del tempo scoprii che avevano archiviato il procedimento senza avvisarmi.
L’avvocato voleva i suoi soldi, nonostante fosse venuto meno alle regole deontologiche del suo mestiere, e non mi volle restituire la mia documentazione.
Non sapendo più cosa e come fare il 17-04-2001 mi rivolsi di nuovo al Presidente della Repubblica spiegando quanto era successo e sperando in un suo intervento. La risposta del 11-05-2001 fu di nuovo un nulla di fatto.
Raccontai la mia storia al presidente di un sindacato dove mi ero iscritto e gli chiesi se poteva consigliarmi un buon avvocato e mi indicò un suo amico. Andai da lui con i documenti e gli chiesi di portare la mia storia davanti al tribunale dei diritti dell'uomo.
Si prese un po’ di tempo per studiare come procedere e mi disse che si sarebbe fatto risentire non appena avrebbe avuto delle novità. Per circa un anno andai a trovarlo di tanto in tanto con le solite domande, cioè a che punto era con la procedura. Le risposte si alternavano con un: sto controllando, sto vedendo, ci vuole un po’ di tempo per studiare cosa fare. Alla fine dopo qualche anno mi portò davanti al Sindaco per trovare un accordo.
Quel giorno doveva essere ascoltato un altro testimone. Quando lo chiamarono io lo fermai e mi avvicinai al giudice, mentre l’avvocato cercava di trattenermi e intimorirmi dicendomi che non potevo fare una cosa del genere. Mi scrollai le sue mani di dosso e giunsi davanti al giudice. Mi scusai per il mio comportamento e chiesi direttamente al giudice perché non venivano presi accorgimenti per non far più allagare la mia casa, nonostante avessi più volte sollecitato l’avvocato ad intervenire in merito. Mi permisi di far presente che visti i continui dinieghi mi sarei rivolto al tribunale dei diritti dell'uomo. Il giudice mi rispose: «Il suo avvocato sa che ci sono altri sistemi».
- Cosa intendeva dire?
- Gli avvocati sanno come fare delle richieste particolari per far sì che i giudici intervengano con urgenza. Queste cose le sanno gli avvocati e se non si adoperano per far valere i nostri diritti la colpa non è del giudice.
Il giudice chiamò l’avvocato e si fece sottoscrivere che io avevo reso una dichiarazione spontanea e che lui non era a conoscenza degli altri allagamenti, per tutelarsi. L’avvocato cambiò colori e su di lui si vedeva la bandiera! Era furente per la figura che gli avevo fatto fare. Idem l’avvocato del consorzio. Non si aspettavano quella mia uscita estemporanea e si misero tutti a telefonare. Il giudice rinviò l’udienza. Con grande meraviglia rimasi scioccato perché costui non degnò nemmeno di prendere i miei documenti che dimostravano la verità degli allagamenti ricevuti. Si giustificò dicendo che dalle mie mani non li poteva accettare. E non solo, non aprì neanche un inchiesta per cercare di capire cosa stava succedendo. La sera stessa mi presentai nello studio dell’avvocato per dirgliene quattro, perché non aveva preso provvedimenti come disse il giudice. Lui di nuovo mi sgridò che non dovevo agire in quel modo e dopo quattro giorni mi arrivò la sua raccomandata di destituzione dell’incarico.
Mi presentai in udienza l’8-5-2001 e riferii al Giudice che il mio avvocato aveva lasciato l’incarico e che non avevo soldi ma solo debiti in seguito allagamenti subiti, di cui l'ultimo solo pochi mesi prima: 17-11-2000. Il giudice concluse di ripresentarmi con un nuovo avvocato. Ma trascorso del tempo scoprii che avevano archiviato il procedimento senza avvisarmi.
L’avvocato voleva i suoi soldi, nonostante fosse venuto meno alle regole deontologiche del suo mestiere, e non mi volle restituire la mia documentazione.
Non sapendo più cosa e come fare il 17-04-2001 mi rivolsi di nuovo al Presidente della Repubblica spiegando quanto era successo e sperando in un suo intervento. La risposta del 11-05-2001 fu di nuovo un nulla di fatto.
Raccontai la mia storia al presidente di un sindacato dove mi ero iscritto e gli chiesi se poteva consigliarmi un buon avvocato e mi indicò un suo amico. Andai da lui con i documenti e gli chiesi di portare la mia storia davanti al tribunale dei diritti dell'uomo.
Si prese un po’ di tempo per studiare come procedere e mi disse che si sarebbe fatto risentire non appena avrebbe avuto delle novità. Per circa un anno andai a trovarlo di tanto in tanto con le solite domande, cioè a che punto era con la procedura. Le risposte si alternavano con un: sto controllando, sto vedendo, ci vuole un po’ di tempo per studiare cosa fare. Alla fine dopo qualche anno mi portò davanti al Sindaco per trovare un accordo.
Ci fu anche un altro allagamento ma per fortuna entrò poca
acqua nello scantinato. Per questo non chiamai i vigili del fuoco, il Comune
manco parlarne, mi rimboccai le maniche e ricominciai da solo a rimediare ai
danni.
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