Dopo tanto travaglio ero riuscito a costruirmi una casa tra i campi nella mia amata terra, la Puglia salentina, ma non avendo fatto i conti con la giustizia ora mi ritrovo isolato dentro un camper. In questo blog intendo narrare la mia vicenda fino in fondo per capire dove posso aver sbagliato e cercare tra i miei eventuali errori la via del rimedio. Blog a cura di Angelo Dimastrodonato e Marinella Carione.
martedì 30 luglio 2013
domenica 28 luglio 2013
Primo affronto
Con il nuovo
insediamento del sindaco M. S. , cerco di portare a conoscenza la mia storia,
sul principio mi rassicurò invitandomi a ritornare dopo qualche settimana.
Trascorsi più giorni mi ripresentai da lui per essere attaccato. A suo dire la
colpa sarebbe stata mia! Incazzassimo, prendo e me ne vado.
La maledizione dell’acqua mi
colpisce di nuovo il 30-12-2002 con un altro allagamento. Nonostante le
proteste popolari nulla si smosse. Diversi furono i punti del paese a
ritrovarsi come me allagati: negozi, abitazioni e la Basilica della chiesa del
Carmine. La gente cominciò a lamentarsi. Ancora una volta il comune ci lasciò a
combattere da soli contro muri di gomma. Il Prefetto dov’era ? Come mai non prese seri
provvedimenti? Il comune continuava a dimostrare di non essere all’altezza della situazione e il
Prefetto se ne fregava.
Il padre Carmelitano, portavoce del Comitato allagati e
padre della Basilica del Carmine, oltre che litigare con l’ingegnere del Comune R. M., sollecitò l’intervento del prefetto, anche lui
senza ottenere risultati. Io tornai dal sindaco per chiedere la relazione
tecnica del nuovo allagamento. Venni di nuovo scaricato alla B., la quale con l’Ufficio Tecnico non c’entra niente essendo quest’ultima dei Servizi Sociali. Anche
lei farà la sua telefonatina al Sindaco e mi liquiderà prendendosi tutto il
tempo che le necessitava per far sì che io mi arrendessi e non mi rivolgessi più
a loro.
Incazzassimo presi carta e penna e feci un esposto alla
Procura di Brindisi, ravvisandola di prendere provvedimenti e che del prossimo
allagamento l’avrei ritenuta
responsabile. Il 5-2-2003 mi decisi a presentare l’esposto alla procura di Brindisi, come mi
era stato suggerito dal Prefetto nel 1996. La mia denuncia fu anche riportata
da giornale.
Ricominciai con il chiamare i vigili del fuoco, salvare il
salvabile e ripristinare la casa per poterci vivere senza alcun sostegno da
parte del Comune. I debiti aumentavano perché con il moltiplicarsi dei danni
non riuscivo più a starci dietro. Quando dovevo rimediare ai danni subiti dagli
allagamenti mi toccava stare anche un mese senza lavorare per ripristinare e
rimettere tutto a posto. Non ce la facevo più a starci dietro. Mi sentivo come
Sisifo.
sabato 27 luglio 2013
Primo ingresso in aula
Il 29-O3-2001 è la data della
nuova udienza La sera prima andai dall’avvocato per parlare e venni a sapere
che anche il terzo CTU nominato dal Giudice non accettò l’incarico, come i suoi
predecessori, trovando anche lui una scusa. Avevamo capito tutti
che erano intimiditi. Me ne andai via arrabbiato e la notte non presi sonno,
rimanendo a pensare ad una eventuale soluzione. Così il giorno dopo, per la
prima volta dopo anni entrai in aula. Nelle udienze precedenti l’avvocato ci
lasciava attendere all’ingresso, in quanto mia moglie aveva problemi di salute
al piede. Tuttavia non mi era mai stato reso noto che le udienze si svolgevano
al piano superiore. Lo seppi solo in occasione dell’interrogatorio dei
testimoni.
Quel giorno doveva essere ascoltato un altro testimone. Quando lo chiamarono io lo fermai e mi avvicinai al giudice, mentre l’avvocato cercava di trattenermi e intimorirmi dicendomi che non potevo fare una cosa del genere. Mi scrollai le sue mani di dosso e giunsi davanti al giudice. Mi scusai per il mio comportamento e chiesi direttamente al giudice perché non venivano presi accorgimenti per non far più allagare la mia casa, nonostante avessi più volte sollecitato l’avvocato ad intervenire in merito. Mi permisi di far presente che visti i continui dinieghi mi sarei rivolto al tribunale dei diritti dell'uomo. Il giudice mi rispose: «Il suo avvocato sa che ci sono altri sistemi».
- Cosa intendeva dire?
- Gli avvocati sanno come fare delle richieste particolari per far sì che i giudici intervengano con urgenza. Queste cose le sanno gli avvocati e se non si adoperano per far valere i nostri diritti la colpa non è del giudice.
Il giudice chiamò l’avvocato e si fece sottoscrivere che io avevo reso una dichiarazione spontanea e che lui non era a conoscenza degli altri allagamenti, per tutelarsi. L’avvocato cambiò colori e su di lui si vedeva la bandiera! Era furente per la figura che gli avevo fatto fare. Idem l’avvocato del consorzio. Non si aspettavano quella mia uscita estemporanea e si misero tutti a telefonare. Il giudice rinviò l’udienza. Con grande meraviglia rimasi scioccato perché costui non degnò nemmeno di prendere i miei documenti che dimostravano la verità degli allagamenti ricevuti. Si giustificò dicendo che dalle mie mani non li poteva accettare. E non solo, non aprì neanche un inchiesta per cercare di capire cosa stava succedendo. La sera stessa mi presentai nello studio dell’avvocato per dirgliene quattro, perché non aveva preso provvedimenti come disse il giudice. Lui di nuovo mi sgridò che non dovevo agire in quel modo e dopo quattro giorni mi arrivò la sua raccomandata di destituzione dell’incarico.
Mi presentai in udienza l’8-5-2001 e riferii al Giudice che il mio avvocato aveva lasciato l’incarico e che non avevo soldi ma solo debiti in seguito allagamenti subiti, di cui l'ultimo solo pochi mesi prima: 17-11-2000. Il giudice concluse di ripresentarmi con un nuovo avvocato. Ma trascorso del tempo scoprii che avevano archiviato il procedimento senza avvisarmi.
L’avvocato voleva i suoi soldi, nonostante fosse venuto meno alle regole deontologiche del suo mestiere, e non mi volle restituire la mia documentazione.
Non sapendo più cosa e come fare il 17-04-2001 mi rivolsi di nuovo al Presidente della Repubblica spiegando quanto era successo e sperando in un suo intervento. La risposta del 11-05-2001 fu di nuovo un nulla di fatto.
Raccontai la mia storia al presidente di un sindacato dove mi ero iscritto e gli chiesi se poteva consigliarmi un buon avvocato e mi indicò un suo amico. Andai da lui con i documenti e gli chiesi di portare la mia storia davanti al tribunale dei diritti dell'uomo.
Si prese un po’ di tempo per studiare come procedere e mi disse che si sarebbe fatto risentire non appena avrebbe avuto delle novità. Per circa un anno andai a trovarlo di tanto in tanto con le solite domande, cioè a che punto era con la procedura. Le risposte si alternavano con un: sto controllando, sto vedendo, ci vuole un po’ di tempo per studiare cosa fare. Alla fine dopo qualche anno mi portò davanti al Sindaco per trovare un accordo.
Quel giorno doveva essere ascoltato un altro testimone. Quando lo chiamarono io lo fermai e mi avvicinai al giudice, mentre l’avvocato cercava di trattenermi e intimorirmi dicendomi che non potevo fare una cosa del genere. Mi scrollai le sue mani di dosso e giunsi davanti al giudice. Mi scusai per il mio comportamento e chiesi direttamente al giudice perché non venivano presi accorgimenti per non far più allagare la mia casa, nonostante avessi più volte sollecitato l’avvocato ad intervenire in merito. Mi permisi di far presente che visti i continui dinieghi mi sarei rivolto al tribunale dei diritti dell'uomo. Il giudice mi rispose: «Il suo avvocato sa che ci sono altri sistemi».
- Cosa intendeva dire?
- Gli avvocati sanno come fare delle richieste particolari per far sì che i giudici intervengano con urgenza. Queste cose le sanno gli avvocati e se non si adoperano per far valere i nostri diritti la colpa non è del giudice.
Il giudice chiamò l’avvocato e si fece sottoscrivere che io avevo reso una dichiarazione spontanea e che lui non era a conoscenza degli altri allagamenti, per tutelarsi. L’avvocato cambiò colori e su di lui si vedeva la bandiera! Era furente per la figura che gli avevo fatto fare. Idem l’avvocato del consorzio. Non si aspettavano quella mia uscita estemporanea e si misero tutti a telefonare. Il giudice rinviò l’udienza. Con grande meraviglia rimasi scioccato perché costui non degnò nemmeno di prendere i miei documenti che dimostravano la verità degli allagamenti ricevuti. Si giustificò dicendo che dalle mie mani non li poteva accettare. E non solo, non aprì neanche un inchiesta per cercare di capire cosa stava succedendo. La sera stessa mi presentai nello studio dell’avvocato per dirgliene quattro, perché non aveva preso provvedimenti come disse il giudice. Lui di nuovo mi sgridò che non dovevo agire in quel modo e dopo quattro giorni mi arrivò la sua raccomandata di destituzione dell’incarico.
Mi presentai in udienza l’8-5-2001 e riferii al Giudice che il mio avvocato aveva lasciato l’incarico e che non avevo soldi ma solo debiti in seguito allagamenti subiti, di cui l'ultimo solo pochi mesi prima: 17-11-2000. Il giudice concluse di ripresentarmi con un nuovo avvocato. Ma trascorso del tempo scoprii che avevano archiviato il procedimento senza avvisarmi.
L’avvocato voleva i suoi soldi, nonostante fosse venuto meno alle regole deontologiche del suo mestiere, e non mi volle restituire la mia documentazione.
Non sapendo più cosa e come fare il 17-04-2001 mi rivolsi di nuovo al Presidente della Repubblica spiegando quanto era successo e sperando in un suo intervento. La risposta del 11-05-2001 fu di nuovo un nulla di fatto.
Raccontai la mia storia al presidente di un sindacato dove mi ero iscritto e gli chiesi se poteva consigliarmi un buon avvocato e mi indicò un suo amico. Andai da lui con i documenti e gli chiesi di portare la mia storia davanti al tribunale dei diritti dell'uomo.
Si prese un po’ di tempo per studiare come procedere e mi disse che si sarebbe fatto risentire non appena avrebbe avuto delle novità. Per circa un anno andai a trovarlo di tanto in tanto con le solite domande, cioè a che punto era con la procedura. Le risposte si alternavano con un: sto controllando, sto vedendo, ci vuole un po’ di tempo per studiare cosa fare. Alla fine dopo qualche anno mi portò davanti al Sindaco per trovare un accordo.
Ci fu anche un altro allagamento ma per fortuna entrò poca
acqua nello scantinato. Per questo non chiamai i vigili del fuoco, il Comune
manco parlarne, mi rimboccai le maniche e ricominciai da solo a rimediare ai
danni.
venerdì 26 luglio 2013
Pressioni
Con l’altro ennesimo allagamento non tardò a
interviene il giornalista mandato da Legambiente, era quello del 2000. Mi
telefonò che sarebbe venuto a parlarmi ma prima mi avvisò che doveva passare in
Comune, forse per chiedere il permesso. Mi assentai per circa un’ora, quando l’architetto
del Comune R. M. si presentò a casa mia e trovò mia moglie: ci fu una tale
prepotenza da parte sua nell’accusarci che la casa non dovevamo costruirla li,
che era abusiva e costruita sul canale. Io non ero presente, peccato, perché
qualche parolina gentile se la sarebbe proprio meritata. Al mio rientro mi riferì
tutto mia moglie. Arrivò anche il
giornalista, il quale mi riferì che era stato in comune per sapere cosa stava
succedendo nella mia proprietà. Gli mostrai tutti i documenti e le foto. Infine
mi disse che al Comune gli avevano detto che la casa era sul canale, al che
volle accertarsi di persona: gli feci fare il giro di casa e della proprietà.
Ad un certo punto rivolto al Comune esclamò: «Non possono prendere in giro le
persone così: la casa è distante dal canale»! L’articolo infine lo titolò
proprio così: «La casa sul canale»
Il mio tormento
e la mia maledizione non hanno fine, tanto sono costretto a continuare a rimetterci,
sacrifici su sacrifici, mettevamo via per l’inverno il cibo come le formiche, e
l’acqua ogni volta si portava via tutto. Costretti a fare debiti per tirare
avanti ci restava solo la speranza, nostra unica forza che ogni giorno si
faceva sempre più debole, fino a quando l’acqua con l’ultimo allagamento si
prese anche quella. Chiesi più volte che venissero presi provvedimenti in
merito ma niente da fare, la giustizia è sorda e non ci sente, o meglio ha
orecchi solo per pochi privilegiati, sicuramente non per un povero cittadino
calpestato nei suoi diritti fondamentali. I legali non si riesce mai a capire
quali giochi fanno, se stanno con te o con la controparte. Sanno essere
ambigui.
Verranno
nominati dei consulenti di parte, i famosi C.T.U. Il primo rifiutò con la scusa
di avere rapporti con il Comune. Trascorsi 6 mesi lo seguì anche il secondo,
perché tesseva rapporti con il consorzio di bonifica dell’Arneo. Così le
udienze si susseguono senza produrre risultati. Viene interrogato Rosato
Camillo, il primo testimone, proprietario di un terreno non molto lontano dal
mio, anche lui danneggiato dall’acqua. Alcuni giorni dopo i tecnici del Comune
si presentarono presso la sua abitazione in cerca di qualche prova, per controllare
se la sua casa era in regola, nonostante stesse pagando anche la sanatoria. Queste
sono le ritorsioni che mettono in atto nei piani alti verso chi rende
testimonianza nei processi. Quando ci incontrammo mi spiegò tutto per filo e
per segno e di capirlo, perché se lo avessero richiamato non si sarebbe
presentato. Il secondo testimone stava mettendo in regola la costruzione in
quanto la doveva accatastare e si attaccarono ad un gradino che costui aveva
per entrare in casa. Il terzo aveva un garage abusivo che gli serviva da magazzino.
Cominciai a preoccuparmi anche per loro, a cosa fare per poterci aiutare l’un
l’altro.
giovedì 25 luglio 2013
Intimidazioni
La sera del 30 agosto 1999
ricominciò a piovere di brutto, tanto che la notte non riuscimmo a chiudere
occhio per la preoccupazione di ritrovarci di nuovo a bagnomaria. Il livello
dell’acqua ricominciò a salire e l’indomani eravamo di nuovo sommersi
dall’acqua. Nell’indifferenza di tutti ricevetti a casa un giornalista che poi
pubblicò un articolo sulla mia vicenda. L’Amministrazione Comunale anziché
aiutarmi vergognosamente sostenne, come riportato nell’articolo di giornale,
che «ci saremmo visti in tribunale in occasione del dibattimento». Il motivo
credo sia dovuto al fatto che i pompieri in seguito all’allagamento inviarono
un esposto al Comune, al Prefetto e alla Procura e io per questo fui invitato
in Comune dal Sindaco, il quale mi attaccò dicendo che non avrei dovuto
chiamare i pompieri ma avvisare lui, e che me l’avrebbe fatta pagare. Gli
risposi che fu opera dell’avvocato, nel senso che il mio legale aveva chiesto
informazioni in merito.
Il sindaco allora mandò la
sua segretaria in protocollo per verificare che vi fosse la lettera del mio
avvocato e al suo ritorno quest’ultima fece un cenno con il capo al sindaco per
fargli capire che la lettera c'era. Io me accorsi con la coda dell'occhio e lui
cambiò espressione.
Si rese conto
dell’infondatezza delle sue accuse dopo aver constatato che la lettera c’era.
Smorzò i suoi toni minatori e decise di scaricarmi alla P. P., la
quale pensai fosse la dirigente dei servizi sociali. Credetti in un rimorso di
coscienza da parte sua. Il colmo fu che quando scesi giù questa persona risultò
essere in ferie e dovevo aspettare il suo ritorno non prima di due
settimane.
Nel frattempo ci fu
l’udienza dove si dovevano presentare i testimoni. La signora C. A., dirigente
di Legambiente, si propose da sola nel 1996, quando conobbe il geometra F.. A
costui fu richiesta da parte del mio legale una perizia. Il comune lo cominciò
a ostacolare ed egli mi diede indietro tutti i documenti scusandosi, che lui
doveva lavorare. Lo ringraziai per la sincerità e andai via. Al momento di
testimoniare anche la signora C. cominciò a tirarsi indietro con la scusa
che non ricordava più nulla perché era trascorso troppo tempo. Compresi che
anche lei aveva subito pressioni.
Presi un appuntamento con
due dirigenti nella sede di Legambiente, sperando in un loro sostegno. La
Candita non si era più resa disponibile.
Il giorno successivo mostrai loro tutta la problematica relativa ai
canali inesistenti e a solchi che si erano sostituiti ai canali; i due mi
diedero ragione, senza tuttavia esporsi quando sarebbe stato il momento.
Lottano per il rispetto dell’ambiente e poi non hanno il coraggio di mettersi
contro chi non lo tutela. Si limitarono a inviarmi un giornalista. Continuai a
riparare i danni lavorando sodo, nella speranza di trovare delle soluzioni.
nel 2008 stesso posto nessuno aveva fatto nulla
mercoledì 24 luglio 2013
False accuse
Dopo la lettera al
Presidente della Repubblica, che tra le altre cose non è servita proprio a
nulla, ma solo a buttar via ulteriori soldi per francobolli, dovetti subire un
nuovo allagamento. Era l’anno 1998 e
ancora non venivano fatti i dovuti lavori come Dio comanda, ma solo una pulizia
superficiale, giusto per far vedere che qualcosa si era fatto e per tenere
buoni i cittadini. Dai documenti risulterà che il Sindaco ha aspettato fino
all’8-2-96 per emettere l’ordinanza con la quale invitava il consorzio ARNEO ad
eseguire i lavori di pulizia dei canali, senza tuttavia imporre l’obbligo della
manutenzione. Il Consorzio da parte sua non si mosse fino a quando il Comune
non dichiarò la pubblica utilità. Ciò avvenne il 18-5-96 e tali lavori furono
dichiarati dal Comune anche urgenti e indifferibili. Vi fu solo una pulizia dei
canali superficiale e nella mia proprietà peggiorarono la situazione. Il
consorzio eliminò il mio canale, il quale misurava circa 2 m di larghezza e
1,50 di altezza, per farne uno di 1 metro di altezza e 0,80 di larghezza, come
da ordini ricevuti. In più volevano
spostarlo avvicinandolo alla casa. Andai a parlare con il tecnico del Comune,
E. G. e gli spiegai la situazione. Egli mi rispose: “Non sapevo che quel
terreno fosse tuo, - e aggiunse - vedi tu cosa vuoi fare e mettiti d'accordo
con gli addetti del canale”. Feci ritorno a casa e gli addetti allargarono il
canale di altri pochi centimetri. Mi fecero presente che non era corretto fare
curve. A me lo hanno modificato il canale, ma perché dall’O. A. no? La legge
non è uguale per tutti? Nel 1998 l’acqua del canale cominciava a straripare e
quando giungeva al fico significava per me un nuovo allagamento in arrivo.
Allora mi recai in Comune e feci richiesta al maresciallo dei vigili del Comune
di Mesagne T. di chiamare i Vigili del fuoco, altrimenti mi sarei ritrovato
nelle medesime condizioni delle altre volte. Ebbi un secco rifiuto da parte del
maresciallo, il quale infastidito mi rispose: “Fallo tu. Chiama la polizia, i carabinieri, i pompieri
perché è un fatto tuo personale”. A quel punto, indignato il pomeriggio andai a
riferire il fatto al mio avvocato. R. mi
chiese di andare a parlare con l’ispettore C. della DIGOS, la stessa persona
che avevo conosciuto per la denuncia nel 1995. Chissà perché non ci provvide
lui! Io ci provai per tre settimane consecutive presso la prefettura di
Brindisi, ma costui era assente ogni volta, finché stanco di andare avanti e
indietro da Brindisi, mi rivolsi di nuovo al mio legale riferendogli che non
riuscivo a contattare questo ispettore. Così scopro dal mio legale che era
ammalato, ma se sapeva questo perché ha mandato me, quando avrebbe potuto fare
lui la denuncia? Anche questa volta l’avvocato non ci pensò a denunciare il
maresciallo T. in quanto non aveva compiuto il suo dovere. Ho dovuto provvedere da solo a ripulire
l’acqua dallo scantinato e salvare il salvabile. L’indomani mi venne a trovare
il vigile T. (nipote del tecnico del Comune e cugino dell'architetto), che il
giorno prima era con il Maresciallo T. per costatare cosa fosse successo; ero
nella cisterna dell’acqua intento a pulirla e disinfettarla, quando l’amico mi
disse che era dispiaciuto ma che non poteva far nulla in quanto era stato appena
assunto. Questa sua visita fu un atto di riconoscenza nei miei confronti, in
quanto ci conoscevamo e voleva rendersi conto di cosa mi stavo succedendo. Dopo
la consegna degli atti (denuncia in tribunale contro Comune e Arneo), la
controparte cercò di difendersi con assurde motivazioni: che la casa era
abusiva, dopo che con il pagamento della Bucalossi mi diedero tanto di
permesso; che era stata costruita su un canale, nonostante distasse di circa
70-80 metri dallo stesso; che l’acqua veniva su perché la falda era cresciuta,
ma nella mia zona la falda è a 80 metri; che non ero provvisto di una pompa
adeguata, quando anche i pompieri e l’auto spurgo se ne andarono perché era per
loro come travasare il mare; che io avevo manomesso il canale, ma se sono stati
altri e li ho anche denunciati. Anche l’ARNEO si stava rendendo complice della
manomissione impropria dei canali, dopo che riceveva anche i finanziamenti per
la corretta manutenzione degli stessi. Non so perché non hanno accettato il
video fatto da quelli della protezione civile. Come evidenziato in precedenza
nel video, li vi sono i riscontri che confermano la verità di quanto da me
dichiarato.
davanti la mia casa
dove vi sono i pini c'e il canale
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