Era ormai un anno che vivevo da
solo nel mio camper, a Udine, quando contattai un’amica giornalista, che il 12
Febbraio del 2011 fece un articolo sul giornale riguardante la mia situazione
disagiata, senza fissa dimora, lavoro, soldi e riguardo l’indifferenza delle
istituzioni nei confronti del mio caso.
In seguito all’articolo fui
chiamato dall’ufficio di collocamento, in quanto in precedenza avevo presentato
la volontà di partecipare al concorso di lavori di pubblica utilità. Erano tre
i lavori che avevo scelto: assistenza anziani, alla biblioteca e manutenzione
del verde. Credevo di non essere stato scelto, invece l’articolo di giornale
servì e mi chiesero di nuovo il certificato di malattia professionale: una
scusa per scolparsi dal non avermi considerato in precedenza, perché i
documenti li avevano!
Ridati i documenti venni
contattato dal comune per informarmi che dovevo fare dei lavori (sistemazione
del verde pubblico) tramite un’impresa. In ogni caso prima dovevo passare la
visita per sapere se ero adibito o no a quel genere di lavoro. Dopo due giorni
mi contattò l’impresa dicendomi anche loro che prima dovevo fare questa visita.
Mi spiegarono il tipo di lavoro e mi avvisarono che l’indomani dovevo presentarmi
per lavorare. E la visita? Era il 4 Aprile ed ero sotto contratto lavorativo
per sei mesi. Iniziai così a lavorare e finalmente dopo un mese e mezzo di
lavoro io e i miei colleghi effettuammo la visita medica presso il medico
competente. Ne risultò che nessuno di noi poteva svolgere quel lavoro! Nel
frattempo ci hanno fatto continuare a lavorare e mi iniziarono dei forti dolori
al piede. Pochi giorni prima di ferragosto, dopo altri tre mesi di lavoro, ci
consegnarono un documento su cui risultava nuovamente che noi quel lavoro non
lo potevamo svolgere, ma ci tennero lo stesso lì! A cosa è servita dunque la
visita medica e quest’altro certificato?
Passate le ferie lavorammo ancora
circa due settimane e dopo dovevamo effettuare altre ferie obbligate, prima del
licenziamento. Finiti così i sei mesi di lavoro i problemi al piede si erano
accentuati, e continuavano. Mi rivolsi dal mio medico curante, che attraverso
una TAC mi confermò che si era assottigliata la cartilagine, anche perché
lavorava male il piede, per la precedente frattura. A questo punto mi rivolsi
all’Inps e mi dissero che il caso riguardante l’infortunio non era di loro
competenza, di rivolgermi all’Inail, e questi a loro volta mi mandarono dai
sindacati per presentare la domanda. Fatta la richiesta aspettai qualche mese
per fare la visita. Il dottore mi disse che non poteva fare nulla perché
servivano i documenti di com’era il piede prima e dopo il lavoro! A questo
punto mi rivolsi all’Asl, medicina del lavoro, e gli spiegai la mia situazione.
Questi mi fanno fare la visita e i raggi. Quando feci la visita al medico
portai la risposta delle radiografie e questo mi chiese a cosa servisse! Mi
fanno fare nuovamente la TAC e ora si notava una frattura del malleolo. Non
potevo essere operato, mi disse il dottore, perché era un punto delicato, e
avrebbero rischiato di tagliare i tendini. Mi consigliò di portare la
cavigliera e non caricare il piede, sarei dovuto tornare se non fossi più stato
in grado di camminare, per operarmi. Andai con questi documenti dalla
dottoressa dell’Asl, ma mi disse che nonostante i problemi c’erano era toppo
tardi per denunciare la ditta! Mi rivolsi allora all’ispettorato del lavoro per
denunciare l’operato dei medici competenti, i quali però si lavarono le mani
dicendo che erano dell’Asl e l’Inail che dovevano provvedere, perché secondo
una legge (art.33) avevano l’obbligo di visitarmi prima che io iniziassi a
lavorare! Mi recai così, con denuncia e risposta dell’ispettorato all’Asl,
medicina del lavoro.
Nessuno si fece più sentire per
più di un mese e mandai così una raccomandata all’Asl per sapere quali
provvedimenti avevano intenzione di prendere, e dopo qualche settimana
risposero che stavano facendo le indagini. Andai all’ispettorato del lavoro per
richiedere il certificato d’ispezione. Li sollecitai più volte ma non me lo
hanno mai fornito.
Dopo circa sei mesi di attesa
l’Asl mi rispose che non si poteva giudicare nulla, in quanto non si sapeva
come fosse il piede prima e dopo aver lavorato. Ma come? Prima mi dicono che
non si poteva fare niente perché era passato troppo tempo per denunciare il
datore di lavoro, e ora questo? Tornai all’ispettorato del lavoro e gli spiegai
che era già in corso un processo per il piede e lui mi disse che voleva parlare
con il mio avvocato, per cercare una soluzione. Tutt’oggi non so nulla di
quello che si sono detti. Adesso la mia domanda è: “Chi ci tutela? Mi trovo con
un piede rotto e nessuno mi risponde!”.
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