giovedì 8 agosto 2013

Lavori di publica utilità.



Era ormai un anno che vivevo da solo nel mio camper, a Udine, quando contattai un’amica giornalista, che il 12 Febbraio del 2011 fece un articolo sul giornale riguardante la mia situazione disagiata, senza fissa dimora, lavoro, soldi e riguardo l’indifferenza delle istituzioni nei confronti del mio caso.
In seguito all’articolo fui chiamato dall’ufficio di collocamento, in quanto in precedenza avevo presentato la volontà di partecipare al concorso di lavori di pubblica utilità. Erano tre i lavori che avevo scelto: assistenza anziani, alla biblioteca e manutenzione del verde. Credevo di non essere stato scelto, invece l’articolo di giornale servì e mi chiesero di nuovo il certificato di malattia professionale: una scusa per scolparsi dal non avermi considerato in precedenza, perché i documenti li avevano!
Ridati i documenti venni contattato dal comune per informarmi che dovevo fare dei lavori (sistemazione del verde pubblico) tramite un’impresa. In ogni caso prima dovevo passare la visita per sapere se ero adibito o no a quel genere di lavoro. Dopo due giorni mi contattò l’impresa dicendomi anche loro che prima dovevo fare questa visita. Mi spiegarono il tipo di lavoro e mi avvisarono che l’indomani dovevo presentarmi per lavorare. E la visita? Era il 4 Aprile ed ero sotto contratto lavorativo per sei mesi. Iniziai così a lavorare e finalmente dopo un mese e mezzo di lavoro io e i miei colleghi effettuammo la visita medica presso il medico competente. Ne risultò che nessuno di noi poteva svolgere quel lavoro! Nel frattempo ci hanno fatto continuare a lavorare e mi iniziarono dei forti dolori al piede. Pochi giorni prima di ferragosto, dopo altri tre mesi di lavoro, ci consegnarono un documento su cui risultava nuovamente che noi quel lavoro non lo potevamo svolgere, ma ci tennero lo stesso lì! A cosa è servita dunque la visita medica e quest’altro certificato?
Passate le ferie lavorammo ancora circa due settimane e dopo dovevamo effettuare altre ferie obbligate, prima del licenziamento. Finiti così i sei mesi di lavoro i problemi al piede si erano accentuati, e continuavano. Mi rivolsi dal mio medico curante, che attraverso una TAC mi confermò che si era assottigliata la cartilagine, anche perché lavorava male il piede, per la precedente frattura. A questo punto mi rivolsi all’Inps e mi dissero che il caso riguardante l’infortunio non era di loro competenza, di rivolgermi all’Inail, e questi a loro volta mi mandarono dai sindacati per presentare la domanda. Fatta la richiesta aspettai qualche mese per fare la visita. Il dottore mi disse che non poteva fare nulla perché servivano i documenti di com’era il piede prima e dopo il lavoro! A questo punto mi rivolsi all’Asl, medicina del lavoro, e gli spiegai la mia situazione. Questi mi fanno fare la visita e i raggi. Quando feci la visita al medico portai la risposta delle radiografie e questo mi chiese a cosa servisse! Mi fanno fare nuovamente la TAC e ora si notava una frattura del malleolo. Non potevo essere operato, mi disse il dottore, perché era un punto delicato, e avrebbero rischiato di tagliare i tendini. Mi consigliò di portare la cavigliera e non caricare il piede, sarei dovuto tornare se non fossi più stato in grado di camminare, per operarmi. Andai con questi documenti dalla dottoressa dell’Asl, ma mi disse che nonostante i problemi c’erano era toppo tardi per denunciare la ditta! Mi rivolsi allora all’ispettorato del lavoro per denunciare l’operato dei medici competenti, i quali però si lavarono le mani dicendo che erano dell’Asl e l’Inail che dovevano provvedere, perché secondo una legge (art.33) avevano l’obbligo di visitarmi prima che io iniziassi a lavorare! Mi recai così, con denuncia e risposta dell’ispettorato all’Asl, medicina del lavoro.
Nessuno si fece più sentire per più di un mese e mandai così una raccomandata all’Asl per sapere quali provvedimenti avevano intenzione di prendere, e dopo qualche settimana risposero che stavano facendo le indagini. Andai all’ispettorato del lavoro per richiedere il certificato d’ispezione. Li sollecitai più volte ma non me lo hanno mai fornito.
Dopo circa sei mesi di attesa l’Asl mi rispose che non si poteva giudicare nulla, in quanto non si sapeva come fosse il piede prima e dopo aver lavorato. Ma come? Prima mi dicono che non si poteva fare niente perché era passato troppo tempo per denunciare il datore di lavoro, e ora questo? Tornai all’ispettorato del lavoro e gli spiegai che era già in corso un processo per il piede e lui mi disse che voleva parlare con il mio avvocato, per cercare una soluzione. Tutt’oggi non so nulla di quello che si sono detti. Adesso la mia domanda è: “Chi ci tutela? Mi trovo con un piede rotto e nessuno mi risponde!”.

 


         


 






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